I
tarocchi furono creati certamente come gioco di carte didattico; in
particolare la sequenza dei Trionfi fu pensata per l'insegnamento della
dottrina cattolica; in seguito sono stati usati per diversi giochi di
carte a scopo ludico. A partire dal XVIII secolo, inizialmente in
Francia con il celebre Etteilla (pseudonimo di Jean-François
Alliette),
i tarocchi sono stati usati a scopo divinatorio e sono diventati uno
strumento molto utilizzato nella cartomanzia.
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Tarocchi : Lame o Cause
I
tarocchi sono formati da 78 carte, dette anche "lame" a partire
dall'esoterista ottocentesco Paul Christian (pseudonimo di
Jean-Baptiste Pitois), seguace di Court de Gébelin ed
Eliphas Levi. Il
gruppo degli "Arcani maggiori" è costituito da 22 carte
illustrate con
figure umane, animali e mitologiche, anticamente chiamate "Trionfi". Il
gruppo degli "Arcani minori" consta di 56 carte suddivise nelle 4 serie
di semi della tradizione italiana: denari, coppe, spade e bastoni
(anche se, in alcuni casi, i nomi dei semi si adattano alla tradizione
locale). Ogni serie, costituita da 14 carte, include 4 figure, definite
anche "onori" o "carte di Corte" (Fante, Cavaliere, Regina e Re), e 10
carte numerali.
Significato
del termine
Secondo
alcune ipotesi storiografiche, sino al 1500 le carte furono
soprannominate Ludus triumphorum. Tuttavia, l'allusione ai Trionfi
è da
sempre controversa. Sono state ipotizzate alcune possibilità:
un
rapporto diretto con un'opera letteraria omonima, Triumphi, di
Francesco Petrarca, le cui sei allegorie sono state spesso
rappresentate in modo simile alle icone trionfali dei tarocchi: Trionfo
dell'Amore = Amanti (Arcano VI), Trionfo della Castità =
Temperanza
(Arcano XIV), Trionfo della Morte = Morte (Arcano XIII), Trionfo della
Fama = Giudizio (Arcano XX), Trionfo del Tempo = Eremita (Arcano IX),
Trionfo dell'Eternità = Mondo (Arcano XXI);
un rapporto
con i carri trionfali che nel Medioevo accompagnavano le processioni
carnevalesche.A
partire dal 1600 circa, ovvero circa un secolo dopo la creazione del
mazzo più antico oggi conosciuto (i Tarocchi milanesi
classificati come
Visconti-Sforza), in Italia fu utilizzato il termine tarocco (o
tarocchi) la cui etimologia è tuttora oscura.
Tuttavia,
secondo alcune correnti d'indagine, la definizione corretta non sarebbe
da cercare nel termine tarocco (o tarocchi) ma nel lemma Tarot
(sostantivo singolare), peraltro usato a livello linguistico in maniera
internazionale. Secondo questo approccio sarebbe possibile cogliere il
significato più profondo di questa parola solo accettando la
necessità
di un opportuno sistema di decodifica. Per esempio, gli esperti hanno
rilevato che analizzando Tarot si ottiene Rota, che in latino significa
Ruota (cioè la Ruota astrologica al centro della via dei
Tarocchi che,
per sua natura, è caratterizzata dalla
circolarità, parimenti espressa
dalla presenza delle due T all'inizio ed alla fine della parola stessa).
Oppure
hanno evidenziato che in Tarot è contenuta la voce Tora,
testo sacro
ebraico; o che Tar-ro, in egizio,
vuole dire “Via
Regale,” e così via.
Storia
L'origine delle carte da gioco è tutt'oggi controversa e
nessuna ipotesi, al di là della sua diffusione (fatto che
non la rende certa) è stata ancora definitivamente
confermata. A tal riguardo, nel pieno rispetto della
pluralità della ricerca storiografica, è
necessario citare alcune tra le teorie più accreditate.
Secondo alcuni studiosi le immagini dei Tarocchi comparvero per la
prima volta in Europa nel XIV secolo e le 22 carte degli Arcani
Maggiori sarebbero di derivazione italiana.
A suffragio di questa supposizione vi sarebbe una citazione del 1442,
in due inventari del ducato estense di Ferrara, del pagamento della
fornitura di Carte da trionphi. Tuttavia, è fortemente in
dubbio che potesse trattarsi delle stesse carte conosciute come
tarocchi in quanto a quell'epoca esistevano altri giochi denominati
"Triumphi" (come il già citato "gioco dei Trionfi del
Petrarca" conosciuto tramite un inventario fiorentino della prima
metà del Quattrocento).
Secondo altre teorie, i Tarocchi sarebbero molto più antichi
e nel corso del primo millennio il loro contenuto, alla stregua di un
grande mosaico, a causa degli errori dovuti alla trasmissione orale o
per le imprecisioni derivanti da un'errata riproduzione dei disegni, si
sarebbe gradatamente disperso ed i primitivi simboli si sarebbero
disseminati dando vita ai tanti giochi, spesso del tutto lontani dalla
fonte originaria, creati nelle epoche successive. Secondo lo storico
d'Allemagne ed il lessicografo Du Cange[6] nel 1337, negli statuti
dell'Abbazia marsigliese di San Vittore fondata dal monaco Giovanni
Cassiano, si rinverrebbe il più antico riferimento riferito
al gioco di carte (compresi i Tarocchi) attualmente conosciuto,
cioè la menzione del divieto di svagarsi con il Paginae (in
latino pagina, carta, pergamena): “Quod nulla persona audeat
nec praesumat ludere ad taxillos nec ad paginas nec ad eyssychum" (Che
nessuno osi o intraprenda il gioco dei dadi, delle carte o degli
scacchi).
Infatti, questi generi di divertimento, ed in particolare le carte,
erano talmente abusati da tutta la popolazione, inclusi aristocratici e
religiosi, che furono emanate numerose ordinanze per la loro
proibizione, almeno in luoghi di culto quali l'interno delle cinta
murarie dei monasteri. Paginae sarebbe l'arcaico nome del gioco di
carte poiché nel 1408 i termini “carta”
e “carta per giocare” vengono usati nella stessa
frase per definire il medesimo gioco (fatto che, per inciso,
spiegherebbe il perché la parola naip, utilizzata in
spagnolo per designare le carte, potrebbe provenire dal fiammingo knaep
che, parimenti, significa carta).
Al di là delle ipotesi storiografiche, sappiamo che risale
ad un periodo anteriore al 1447 la creazione di un mazzo per il duca
milanese Filippo Maria Visconti (morto nel 1447). Questo gioco
è oggi il più antico tra quelli conosciuti ed
è conservato alla Yale University Library di New Haven
(Connecticut). Un altro mazzo praticamente identico a questo, ma
più frammentario, è conservato alla Pinacoteca di
Brera a Milano. In entrambi i casi tutte le carte sono miniate col
fondo in foglia d'oro o d'argento e lavori di punzonatura. Il loro
prezzo non è pervenuto ma era certamente molto alto in
quanto simili opere erano riservate solo alle corti signorili.
Questi Tarocchi furono quasi certamente dipinti dal pittore di corte
Bonifacio Bembo, come si evince dalle affinità stilistiche
con altre opere dello stesso artista. Ulteriori frammenti di mazzi sono
di origine ferrarese: per esempio i Tarocchi detti di Carlo VI
conservati alla Biblioteca Nazionale di Parigi; quelli detti "di
Alessandro Sforza" conservati al Museo di Castel Ursino a Catania;
quelli di Ercole I d'Este conservati alla Yale University Library. Il
fatto che quasi tutti questi giochi (ed altri più recenti)
siano giunti incompleti è evidentemente legato alla
fragilità del supporto cartaceo ed alle citate persecuzioni
che subirono le carte da gioco (spesso soggette a roghi oppure sciolte
nel macero per ricavarne cartapesta da riutilizzare).
Non prima del 1450 fu realizzato il mazzo più completo a noi
pervenuto, cioè i Tarocchi di Francesco Sforza, legato ai
Visconti nel governo del ducato di Milano. Lo stemma ed il motto
Visconteo "à bon droyt" compaiono assieme ai simboli
araldici della famiglia (un sole raggiante; tre anelli con diamanti
intrecciati; il biscione). Il mazzo, conservato in tre gruppi separati,
si trova presso l'Accademia Carrara di Bergamo (26 carte), la Pierpont
Morgan Library di New York (35 lame) e la famiglia Colleoni di Bergamo
(proprietaria di 13). Questi mazzi e le loro varianti si diffusero
nell'Italia settentrionale con diverse interpretazioni illustratrive:
per esempio, nella versione ferrarese la Luna è
rappresentata da uno o due astrologi, mentre in quella viscontea una
donna tiene una mezza luna nella mano destra; nei Tarocchi ferraresi il
Matto è un buffone tormentato da alcuni bambini mentre in
quelli lombardi è un mendicante gozzuto (evidente allusione
al gozzo, cioè la tipica malattia dei montanari della zona
prealpina). A volte i mazzi erano realizzati in occasione di matrimoni
signorili ed in tal caso gli emblemi dei due sposi erano dipinti sulla
carta dell'Innamorato.
Tecniche di Stampa
Le tecniche che nel corso dei secoli si sono susseguite per la
creazione dei Tarocchi e per le carte da gioco sono state innumerevoli.
È presumibile che anticamente fossero vergati su pergamena o
incisi su tavolette di legno; nei secoli successivi, si
passò dall'uso degli stampi in legno di pero (o affini per
morbidezza e robustezza) come matrice per i tratti, congiuntamente agli
stampini (i cosiddetti pochoirs o stencil) per l'applicazione dei
colori. Verso la metà del XV secolo, le tecniche di stampa
furono perfezionate prima con la xilografia, poi con la calcografia e,
alla fine del secolo, con l'invenzione dei caratteri mobili.
Il progresso della stampa fece nascere le prime fabbriche di mazzi di
tarocchi, che erano stampati su foglio unico, numerati, rozzamente
colorati e tagliati. Il prezzo era superiore alle carte comuni, dato il
maggior numero, come ci informa un registro fiscale bolognese del 1477.
Tuttavia la stampa introdusse sul mercato mazzi a basso costo che
favorirono la diffusione del gioco. Nell'Ottocento, in concomitanza con
la rivoluzione industriale, si passò all'uso delle macchine
di stampa quadricromiche (che modificarono notevolmente i colori
più antichi di certi cartai) ed oggigiorno i Tarocchi sono
disegnati e riprodotti soprattutto mediante tecnologia informatica
(penne grafiche e digitalizzazione).
Funzione dei Tarocchi
Qual è il significato dei Tarocchi? Per che cosa sarebbero
stati creati? Per far fronte a questo tipo di quesito è
opportuno porre alcune considerazioni preliminari relative al modo in
cui queste immagini sono state studiate nel corso del tempo. In
particolare, possiamo dire che negli ultimi due-tre secoli i principali
approcci d'indagine sono stati due:
L'antico gioco del Tarocco
Uno dei modelli di ricerca più conosciuti dal grande
pubblico è appunto quello che tratta il tema dal punto di
vista storico, concentrandosi cioè sui documenti, di
qualunque natura siano, che li riguardano. Nel complesso, questo tipo
di approccio sostiene che i Tarocchi, creati in Italia nella
metà del Quattrocento circa, avrebbero avuto una primitiva
funzione ludico-artistica, cioè sarebbero stati un
passatempo ricreativo analogo ai giochi di carte da cui, probabilmente,
deriverebbero.
Il credito di cui gode questa teoria da un lato deriva dal fatto che il
mazzo più antico oggi conosciuto è quello
quattrocentesco dei Visconti, dall'altro dal fatto che i ricercatori,
più o meno consapevolmente, sembrano essersi tutti
accontentati di seguire pedissequamente una linea già
definita. Tuttavia, se è innegabile che i Tarocchi, nel
corso delle epoche, abbiano anche svolto questa funzione, è
indispensabile sottolineare che l'esclusività di questo
ruolo non è mai stata acclarata in via conclusiva.
Rispetto al gioco dei Tarocchi, purtroppo manca una doviziosa
documentazione scritta prima del XVI secolo che ci ragguagli sia
sull'uso che sulla disposizione delle carte, e non ci sono pervenuti
manuali di un periodo antecedente il XVIII secolo. Inoltre, una
ricostruzione delle regole è praticamente impossibile sia
perché queste variavano da città a
città sia perché i tipi di giochi erano molto
numerosi e caratterizzati da strategie particolarmente complesse.
Ciononostante, conosciamo alcune indicazioni di base. Per esempio, i
partecipanti potevano essere da due a sette; era permesso lanciare
segnali ai giocatori e scommettere sulla posta; ciascuno poteva tenere
in mano fino venti carte; si trattava di un gioco di presa, in cui si
calava una volta a testa e si era obbligati a rispondere al seme o alla
carta in modo ciclico. Le briscole, ossia i Trionfi (gli Arcani
Maggiori), avevano maggior valore delle carte numerali, compreso l'Asso
(privo di una posizione di privilegio).
La numerazione dei Trionfi permetteva a quello più alto di
vincere su quello più basso. Il Matto non entrava nel gioco
(valeva solo come punteggio) ed alla fine della partita vinceva chi
aveva totalizzato il massimo dei punti. Come già anticipato,
a causa dello sfrenato uso che dei giochi di carte si fece, sia presso
i ceti popolari che quelli aristocratici o religiosi, cominciarono ad
apparire divieti ed invettive tra cui, nel 1480, il 'Sermones de ludo
cum aliis' dove un anonimo predicatore domenicano si scagliava contro
l'uso dei Tarocchi, ed in particolare dei Trionfi. Tale documento
riveste un interesse peculiare poiché riporta l'elenco delle
figure con i nomi e la disposizione attualmente noti, seppur
accompagnati da note di profondo sdegno per il fatto che Angeli,
Virtù cardinali, Imperatore e Papa e perfino Dio Padre
fossero raffigurati in un gioco profano. Il predicatore terminava
condannando l'inventore del mazzo, cioè il Diavolo,
colpevole di trascinare l'uomo nel vizio. La pratica di condannare il
gioco di carte era così diffusa che persino San Bernardino
da Siena le stigmatizzò in un famoso sermone tenuto a
Bologna nel 1423, dopo il quale fu acceso un rogo per bruciare mazzi di
carte, dadi ed altre vanità.
Poiché nei secoli successivi i vari governi tentarono di
reprimere o almeno limitare il gioco senza risultati convincenti, si
giunse al compromesso di tassare le carte e creare disposizioni di
fabbricazione e commercio in modo da scoraggiare evasioni,
contraffazioni e contrabbando. Il bollo, ora non più in uso,
era applicato solitamente sull'Asso di Denari.
L'uso dei tarocchi come carte da gioco si trova ancor oggi in molte
aree italiane e francesi. Il tarocco siciliano è ancora
giocato in quattro paesi della Sicilia:Barcellona Pozzo di Gotto,
Calatafimi, Tortorici e Mineo. A Bologna si usa il tarocchino
bolognese, le cui regole originali sono conservate dall'Accademia del
tarocchino bolognese. A Pinerolo si usa il tarocco ligure-piemontese.
In Francia si usa il Tarot nouveau; qui le regole sono fissate dalla
Fédération Française de Tarot.
Oltre a questo tipo di passatempo, i Tarocchi furono utilizzati come
giochi di abilità verbale. Nelle lunghe serate a corte,
infatti, non di rado si utilizzavano le figure per comporre frasi e
motti che dovevano ispirarsi alle carte estratte ed i 22 Trionfi
potevano anche essere abbinati (o appropriati, come si diceva) a
persone e gruppi, specialmente gentildonne oppure note cortigiane.
Molti di questi sonetti sono giunti fino a noi: poesiole comiche,
satiriche, mordaci, scritte solitamente in ambiente cinquecentesco.
Probabilmente, in questo ambito colto vanno a collocarsi due mazzi:
quello cosiddetto del Mantegna ed il Tarocco Sola-Busca, realizzato con
la tecnica dell'acquaforte tra il XIV e il XV secolo. In quest'ultimo
le 22 carte dei Trionfi raffigurano guerrieri dell'antichità
classica e biblica, mentre le carte numerali rappresentano scene della
vita quotidiana e, in parte, operazioni di alchimia, come ha dimostrato
nel 1995 la studiosa Sofia di Vincenzo.
Anche Pietro Aretino si occupò di Tarocchi nella sua opera
Le carte parlanti che ebbe un discreto successo e godette di varie
ristampe.
Tradizione di saggezza: il Tarocco esoterico
Negli ultimi secoli si è sviluppato un secondo modo di
operare nell'indagine conoscitiva dei Tarocchi definibile un modello
esoterico ed occulto. Già dalla fine del Settecento, gli
esponenti di questa corrente di pensiero nel complesso, pur con diverse
interpretazioni, sostengono che queste immagini sono un Libro di
Saggezza proveniente dai tempi più remoti e ne fanno
risalire la nascita all'antico Egitto.
Scorrendo in rapidissima e non esaustiva rassegna i diversi autori,
troviamo che una delle prime dichiarazioni in tal senso fu quella del
pastore e studioso francese Antoine Court de Gébelin che nel
1781 ricopriva da anni la carica di censore reale sotto Luigi XV.
De Gébelin, anche presidente del Musée, rinomata
società letteraria parigina del tempo, era una figura di
spicco di certi ambienti francesi, amico degli enciclopedisti Diderot e
d'Alembert, degli scienziati Franklin e Lalande, dei teorici della
rivoluzione Danton e Camille Desmoulins e dell'eroe dell'indipendenza
statunitense La Fayette, iniziati presso la loggia massonica Le Nove
Sorelle della quale fu Maestro Venerabile per due anni. Per queste
ragioni, diversamente da quanto accade oggi, ciò che de
Gébelin scrisse sui Tarocchi, ai suoi tempi, di cui
riportiamo una breve e significativa sintesi, fu giudicato di grande
interesse senza essere deriso o schernito come una stravaganza:
« Se ci apprestassimo ad annunciare che, ai nostri giorni,
sussiste un'Opera degli antichi Egizi sfuggita alle fiamme che hanno
distrutto le loro superbe biblioteche, un'Opera che contiene la
più pura dottrina degli egizi, chi non sarebbe impaziente di
conoscere un Libro tanto prezioso, tanto straordinario! E se
aggiungessimo che questo Libro è molto diffuso in gran parte
dell'Europa, che da secoli va per le mani di tutti(....) riguardato
come un mazzo di strane figure prive di senso! Chi non penserebbe che
scherziamo o che vogliamo approfittare della credulità degli
ascoltatori? E tuttavia quanto sostengo è rigorosamente
vero: questo Libro egizio, il solo rimasto delle loro superbe
Biblioteche, esiste ai nostri giorni e, fatto stupefacente, esso
è talmente comune che nessuno, prima di noi, ne aveva
intuito l'illustre origine...questo libro è il gioco dei
Tarocchi. »
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