Non è certo se le carte siano un’invenzione cinese risalente al secondo millennio a.C., venuta attraverso l’India per mezzo degli arabi che le chiamavano "naibbe (na’ib), o se siano una derivazione indiana degli scacchi; sembra certo però che non siano state inventate in alcun paese d’Europa.
Secondo una suggestiva credenza le origini delle carte da gioco sarebbero molto più antiche e risalenti agli egizi ed in particolare al dio Thot che volendo insegnare agli uomini l’arte della scrittura inventò i geroglifici la cui evoluzione portò all’equiparazione degli stessi con i numeri e i semi delle carte.
Le carte da gioco furono un’invenzione che piacque subito e molto; si giocava nelle case, nelle taverne, per la strada, nelle case dei poveri, dei ricchi, dei nobili e anche nei conventi perché all’interno di queste strutture operavano calzolai, maniscalchi, muratori, ebanisti, fornai, sarti, tutti al servizio della comunità dei monaci, dai quali dipendevano; il vivere insieme dei religiosi con i laici ha comportato che la passione delle carte si diffondesse e coinvolgesse gli uni e gli altri.
La voglia di giocare diventò così frenetica da provocare l’intervento delle autorità religiose; il motivo dei divieti era da ricercare nella funzione che, in quell’epoca, veniva attribuita ai luoghi religiosi e a coloro che avevano pronunciato i voti e perciò tenuti alla massima morigeratezza nei costumi; la violazione dei centri religiosi con manifestazioni di vita mondana attuava un pericoloso impedimento sulla via della santità.
Tra i laici furono soprattutto i sovrani spagnoli ad imporre i divieti più pesanti sul gioco delle carte considerato uno strumento di corruzione, sregolatezza e malcostume.
Le prime carte erano tavolette sottili di legno e, per i più raffinati, tavolette di avorio, dipinte, ornate con figurine eleganti; nel Medio Evo venivano fatte a mano libera o in lamine d’oro.
La prima fabbrica italiana di carte da gioco sorse a Bologna; non a caso, perché Bologna era il centro primario per gli scambi culturali e mercantili sia nazionali sia europei. Le prime carte bolognesi, risentendo degli influssi orientali, non riportavano effigi di dame, cavalieri, fanti perché il Cora[enne]o vietava la rappresentazione di figure umane e consentiva soltanto numeri. Ben presto, però, la fabbrica bolognese diventò un grande laboratorio di miniature e cominciarono a comparire le prime figure con i costumi appariscenti del tempo.
Sul finire del Trecento, a Firenze, per rimpinguare le casse dell’erario, le autorità comunali decisero di imporre una tassa sulle carte da gioco, considerate beni voluttuari e di divertimento sia per ricchi sia per poveri.
Infatti la causa principale della diffusione delle carte da gioco é certamente la radicata tendenza alla ricerca della distrazione e del divertimento nel tempo libero; la motivazione é data molto spesso dall’aspettativa di vincita soprattutto quando questa é rappresentata da un premio e, dunque, dalla possibilità di un guadagno fondato sul rischio.
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I SEMI DELLE CARTE DA GIOCO
HANNO IL LORO SPIRITO GUIDA CHE LI PROTEGGE
Seme di Cuori Protetto dalle Sirene
Seme di Quadri Protetto dagli Gnomi
Seme di Fiori Protetto dalle Fate
Seme di Picche Protetto dai Draghi
Spade, coppe, denari, bastoni sono, in genere, i semi delle carte da gioco italiane; molto probabilmente l’origine di questi semi deriva da interpretazioni arabe radicate in Spagna.
Gli arabi, infatti, dopo aver conquistato l’oriente, dirigono le loro conquiste al Mar Mediterraneo ed in particolare alla penisola iberica e successivamente alla Sicilia (le "spade" che su molte carte regionali vengono rappresentate come scimitarre, curve e dalla punta triangolare evocano l’epopea degli arabi in Spagna e in Sicilia), dove insegnano il sottile piacere del lusso, dell’abbondanza ("coppe"), mediante la costruzione di palazzi sontuosi con stanze decorate d’oro ("denari"), giardini profumati di zagare, tralci di vite e di edera avviluppati su superbe colonne; l’immagine evoca l’idea di "bastoni" fioriti, simbolo di forza, passionalità, durezza.
Successivamente compaiono le "figure" in onore ai Signorotti sontuosamente vestiti siano essi "cavalieri" pronti ad allietare le "dame" con poesie e madrigali o contadini decisi a trasformarsi in "fanti" quando diventa necessario difendere il padrone per il quale lavorano.
Nell’ultimo trentennio del Quattrocento, in Francia, iniziano a circolare delle carte molto colorate e con semi diversi da quelli italiani e con "figure" che assumono significati anche esoterici.
Cuori, picche, quadri, fiori (trifogli) impressi sulle carte francesi hanno, anche in Italia, una forte presa soprattutto nel Piemonte, Liguria, Lombardia e Toscana.
Nel secolo XV le carte di Francia, come in altri paesi, assumono soggetti svariati: uomini e donne celebri nella storia vengono raffigurati come Re, Regine e Fanti. Nel secolo XVIII le carte da gioco francesi contengono raffigurazioni di personaggi della Rivoluzione francese e nel secolo successivo si modificano di nuovo ispirandosi ai personaggi dell’epoca napoleonica.
In Italia, poi, ogni regione ha sempre interpretato la realtà secondo i propri criteri e secondo la propria visuale di vita e ciò spiega la presenza di mazzi di carte da gioco diversi da regione a regione (napoletane, bergamasche, piacentine, siciliane, milanesi, trevigiane e tanti altri tipi).
I semi delle carte francesi
Un discorso a parte è quello delle carte da gioco francesi. In Francia le carte sono arrivate dalla Spagna grazie ai mercanti arabi e nel XIV secolo i francesi avevano già introdotto, nei loro mazzi di carte, i semi di Cuori, Quadri, Picche e Fiori. Quest’ultimo seme, in seguito, fu sostituito da Trifogli perché si riteneva avesse un significato magico.
La magia del trifoglio, proveniente dalla tradizione celtica e considerato sacro dai Druidi perché associato alle romantiche storie dei folletti dei boschi, ha finito per assumere un contenuto e un significato magico.
E’ così che si affermò il gioco d’azzardo, la frode, la rivincita, le puntate, ....
In tutti i governi degli stati rinascimentali nasce così l’esigenza di bloccare il gioco quando la posta in palio è rappresentata da somme di denaro; così in Francia ma anche in Italia, in particolare in Toscana, viene adottata una sorta di "tassa sull’immoralità": chi gioca deve pagare una pesante multa da incamerare all’erario dello stato per fronteggiare le spese necessarie alla sorveglianza.
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