Prende il nome dalla dea romana dell'amore e della bellezza e il suo simbolo astronomico è la rappresentazione stilizzata della mano di Venere che sorregge uno specchio.
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Venere raggiunge la sua massima brillantezza poco prima dell'alba o poco dopo il tramonto e per questa ragione è spesso stato chiamato da popoli antichi la "Stella del Mattino"oppure la "Stella della Sera", fino a quando Pitagora identificò in Venere il responsabile di entrambe le apparizioni.
Classificato come un pianeta
terrestre, a volte è definito il "pianeta gemello" della
Terra poiché i due mondi sono molto simili per quanto
riguarda dimensioni e massa. Tuttavia, è stato dimostrato
che per altri aspetti è piuttosto differente dal nostro
pianeta.La sua atmosfera è costituita
principalmente da anidride carbonica
ed è molto più densa di quella terrestre, con una
pressione in superficie pari a 92 atmosfere. La densità e la
composizione dell'atmosfera creano un imponente effetto serra sulla sua
superficie, che lo rende il pianeta più caldo del sistema
solare.
Venere è avvolto da uno spesso strato di nubi altamente riflettenti, composte principalmente da acido solforico, che impediscono la visione in luce visibile della superficie dallo spazio.
Il pianeta non è dotato di satelliti o anelli e ha un campo magnetico debole, rispetto a quello terrestre.
Poiché il pianeta si trova vicino al Sole può essere visto di solito soltanto per poche ore e nelle vicinanze del Sole stesso: durante il giorno la luminosità solare lo rende difficilmente visibile.
È invece molto brillante
subito dopo il tramonto (Vespero) sull'orizzonte a ovest oppure poco
prima
dell'alba (Lucifero) verso est, compatibilmente con la sua posizione.
Ha l'aspetto di una stella lucentissima di colore giallo-biancastro, di
gran lunga più brillante di qualsiasi altra stella nel
firmamento. L'osservazione
al telescopio è migliore quando non è
completamente immerso nell'oscurità ma piuttosto nelle luci
del crepuscolo o in pieno giorno, in quanto il contrasto col fondo
cielo è minore e consente una migliore percezione dei deboli
dettagli e delle ombreggiature dell'atmosfera, inoltre il pianeta in
questi
casi è più alto sull'orizzonte e la
stabilità dell'immagine è migliore, in quanto
meno disturbata dal riverbero dell'atmosfera terrestre.
Particolarmente utili
nell'osservazione telescopica di Venere è l'uso di filtri
colorati per selezionare la
luce a diverse lunghezze d'onda, o di filtri neutri e polarizzatori per
ottimizzare la quantità di luce nelle osservazioni
crepuscolari, permettendo di evidenziare maggiormente le tenui
caratteristiche dell'atmosfera venusiana.
L'orbita del pianeta è
interna rispetto a quelle della Terra, quindi lo
vedremo muoversi alternativamente a
est e a ovest del Sole. La sua elongazione (la distanza angolare tra un
pianeta e il Sole) può variare tra un valore massimo a ovest
e un valore massimo a est, e può arrivare fino a
47°. Le variazioni della sua elongazione massima sono dovute
più alla
variazione della distanza tra Terra e Sole che alla forma dell'orbita
di
Venere e quando l'elongazione è ampia Venere può
restare visibile per diverse ore.
Periodicamente passa davanti o dietro
al Sole entrando quindi in congiunzione: quando il passaggio avviene
dietro si ha una congiunzione superiore, mentre quando avviene davanti
si ha una congiunzione inferiore e la faccia illuminata del pianeta non
è visibile dalla Terra in nessun momento
del giorno. Il diametro apparente di Venere durante una congiunzione
inferiore è di circa 64 secondi d'arco.L'eclittica
sull'orizzonte è il fattore più importante per la
visibilità di Venere. Nell'emisfero boreale l'inclinazione
è massima dopo il tramonto nel periodo dell'equinozio di
primavera oppure prima dell'alba nel periodo dell'equinozio d'autunno.
È importante anche l'angolo formato dalla sua
orbita e l'eclittica: infatti Venere può avvicinarsi alla
Terra fino a 40 × 106 km e raggiungere un'inclinazione di
circa 8° sull'eclittica avendo un forte effetto sulla sua
visibilità.
A parte il Sole, la Luna e (con difficoltà) Giove, Venere è l'unico corpo celeste che è visibile a occhio nudo anche di giorno, sia pure a condizione che la sua elongazione dal Sole non sia troppo piccola e che il cielo sia abbastanza terso.Storia delle osservazioni.
Conosciuto probabilmente già nella preistoria, Venere fo osservato poi da tutte le culture antiche, come i babilonesi che lo chiamarono Ištar, in onore della dea dell'amore, dell'erotismo e della guerra nella mitologia babilonese. Egizi, Greci e Romani distinguevano invece le apparizioni mattutine e serali in due corpi distinti, chiamandolo stella del mattino o stella della sera, e per questo chiamato Lucifero quando appariva prima dell'alba, e Vespero quando apparivà a ovest al calar del Sole. Per via del suo splendore, in molte culture, tra cui quella Maya, Venere rappresentava una divinità ed era l'astro più studiato nei suoi movimenti in cielo.
Fu Galileo Galilei il primo che
studiò Venere, osservandolo con il suo cannochiale. Egli
riuscì ad
osservare le fasi, e che queste erano simili a quelle della Luna,
dimostrando la correttezza della teoria eliocentrica predetta qualche
decennio prima dall'astronomo polacco Niccolò Copernico, che
sosteneva che Venere era posto tra la Terra e il Sole e ruotava attorno
a quest'ultimo. A maggior sostegno della teoria c'era anche
l'osservazione di Galileo del diametro apparente di Venere durante le
sue diverse fasi, a seconda della sua distanza dalla Terra. Tuttavia,
per non venir accusato di
eresia dall'inquisizione per contraddire la teoria tolemaica, Galileo
coprì la sua scoperta in una frase criptica in latino:
"Mater Amorum aemulatur Cinthyae figuras", che vuol dire "La madre
degli amori (Venere) imita le forme di Cinzia (la Luna)".
Nel 1677, Edmund Halley
suggerì di misurare la distanza Terra-Sole con osservazioni
da diversi luoghi della Terra, in particolare in occasione dei transiti
di Venere. Successive spedizioni in vari luoghi del mondo permisero di
misurare la parallasse del Sole in 8.85 secondi d'arco. I transiti
storici
di Venere furono particolarmente importanti al riguardo, inoltre uno di
questi, nel 1761, permise all'astronomo russo Mikhail Lomonosov di
ipotizzare la presenza di un'atmosfera su Venere.
Lo spesso strato di nubi e l'alta
luminosità del pianeta furono in passato un serio ostacolo
per cercare di
individuare il suo periodo di rotazione con gli strumenti disponibili a
quel tempo. Cassini e Francesco Bianchini osservarono Venere, e mentre
il primo ipotizzò un periodo di 24 ore, Bianchini
teorizzò un periodo di 24 giorni. Tuttavia William Herschel
si accorse che il pianeta
era ricoperto da uno spesso strato di nubi, e il periodo di rotazione
rimase un enigma, anche se nel XVIII secolo, molti astronomi pensavano
che esso fosse di 24 ore, conformandosi alla teoria precedente di
Cassini. Giovanni Schiaparelli fu il primo che ipotizzò un
diverso periodo, teorizzando che, come Mercurio, anche Venere fosse in
rotazione sincrona, "bloccato" dal Sole.
Schiapparelli infatti concluse i suoi
studi l'11 agosto 1878 scrivendo: "Addio bella Afrodite, ormai la tua
rotazione non sarà più un segreto" Nel 1932
W.Adams e T.Dunham mediante osservazioni spettroscopiche
nell'infrarosso, scoprirono linee di assorbimento del carbonio, che
permisero
di ipotizzare che l'anidride carbonica era predominante nell'atmosfera
venusiana.
Nel 1961, durante una congiunzione, fu osservato il periodo di rotazione di Venere con il radiotelescopio di Goldstone, in California, anche se solo nel 1964 fu confermata definitivamente la sua rotazione retrograda. Intanto, nel 1962, il Mariner 2 aveva raggiunto con successo il pianeta, inviando i primi dati su temperatura superficiale e composizione atmosferica di Venere.
Venere nel transito del 2004.
Chiaramente visibile l'alone analogo a quello osservato da Lomonosov
nel 1761
Un transito di Venere è un evento molto raro, ed avviene
quando il pianeta si interpone fra la Terra e il Sole, oscurandone una
piccola parte del disco.
Solo gli ultimi due transiti, quelli del 2004 e del 2012, sono stati
osservati con strumenti scientifici moderni e con le conoscenze attuali
del
pianeta dopo l'esplorazione delle sonde spaziali. Tuttavia in passato i
transiti di Venere furono considerati molti importanti per diversi
fattori, tra cui quello della esatta misurazione della distanza
Terra-Sole. I transiti avvengono a coppie, con un intervallo di otto
anni da un transito all'altro
di ciascuna coppia, e intervalli di 121,5 e 105,5 anni tra una coppia e
un'altra.
C'è qualche menzione di
transiti di Venere sul Sole in epoche antiche, come quella dello
scienziato persiano
Avicenna, che nel 1032 riporta di aver osservato Venere come una
macchia che passava sopra il Sole, concludendo che il pianeta fosse
più vicino al Sole di quanto lo sia la Terra. L'astronomo
spagnolo Ibn Bajja menzionò anch'esso di un transito
Mercurio e Venere sul
Sole nel XII secolo, tuttavia studi storici di Bernard R. Goldstein e
altri nel XX secolo non hanno confermato tali transiti che sarebbero
stati osservati ad occhio nudo, concludendo che molto probabilmente
essi avevano osservato delle macchie solari.
Transito di Venere rispetto al Sole
La prima previsione di un transito di
Venere fu di Keplero nel 1631, anche se nessuno all'epoca
riuscì ad
osservarlo perché non visibile dall'Europa.
Keplero non aveva previsto il transito
che avvenne 8 anni dopo, cosa che fece il giovane astronomo britannico
Jeremiah Horrocks, che nel 1639 osservò per primo un
transito di Venere davanti al Sole. Da Horrocks in poi sono stati
osservati solo altri sei transiti nel corso della storia, tra cui
quello del
1761 che permise all'astronomo russo Lomonosov di predire l'esistenza
di un'atmosfera su Venere. In quegli anni però lo studio di
diversi astronomi era diretto alla stima della distanza Terra-Sole, su
suggerimento di Halley avvenuto agli inizi del XVIII secolo e diretto
ai giovani astronomi
dell'epoca, che avrebbero potuto essere ancora in vita in occasione dei
transiti del 1761 e del 1769. Molti astronomi di diverse nazioni
viaggiarono per vari luoghi del mondo, da dove sarebbero stati visibili
i transiti previsti. Particolarmente sfortunato fu l'astronomo francese
Guillaume Le
Gentil, che dopo aver perso il transito del 1761 visibile in India
perché a bordo di una nave in movimento, perse quello di
otto anni dopo perché quel giorno il cielo si
rannuvolò. Tornato in Francia ebbe anche la brutta sorpresa
di trovarvi la moglie risposata mentre lui era stato dato per morto
dalle autorità. Il famoso navigatore britannico James Cook
fece il suo primo viaggio diretto a Tahiti perché mandato
dalla Royal Society a studiare un transito di Venere. Nel 1771 un altro
astronomo francese, Jérôme Lalande, utilizzando i
dati dei transiti precedenti, stimò in 153 milioni di
chilometri la distanza della Terra dal Sole, distanza poi corretta nel
secolo successivo da Simon Newcomb in 149,67 milioni di km, grazie alle
osservazioni dei transiti del 1874 e del 1882.
Parametri orbitali e rotazione.
L'orbita di Venere è quasi circolare, con
un'eccentricità orbitale inferiore all'1% e una distanza
media dal Sole di 108 milioni di chilometri. Venere è il
pianeta che maggiormente si avvicina alla Terra e in occasione delle
congiunzioni inferiori la distanza media tra Venere e la Terra
è di circa 41
milioni di chilometri. Essendo l'orbita di Venere quasi circolare la
vicinanza minima tra la Terra e Venere avviene quando il nostro pianeta
si trova al perielio e la sua distanza dal Sole è di 147
milioni di chilometri circa. In queste occasioni quando Venere
è in congiunzione inferiore si avvicina a meno di 40 milioni
di chilometri, e nei periodi di massima eccentricità
orbitale dell'orbita terrestre, la distanza minima di Venere dalla
Terra è di 38,2 milioni di chilometri.
Con una velocità orbitale di 35 km/s, Venere impiega 224,7 giorni a compiere una rivoluzione attorno al Sole, mentre il periodo sinodico, ossia il periodo nel quale si ritrova nella stessa posizione nel cielo terrestre rispetto al Sole, è di 584 giorni. L'inclinazione orbitale rispetto all'eclittica è di 3,39º.
La rotazione di Venere, rimasta sconosciuta fino alla seconda metà del XX secolo, avviene secondo il moto retrogrado (in senso orario), cioè al contrario di come avviene normalmente per la maggior parte degli altri pianeti del sistema solare. La rotazione è molto lenta, infatti un giorno dura circa 243 giorni terrestri, superiore al periodo di rivoluzione attorno al Sole, con una velocità all'equatore di appena 6,5 km/h. Alcune ipotesi sostengono che la causa sia da ricercarsi nell'impatto con un asteroide di dimensioni ragguardevoli. All'inizio del 2012, analozzando i dati della sonda Venus Express, si è scoperto che la rotazione di Venere sta ulteriormente rallentando, con un periodo di rotazione che è stato misurato in 243,0185 giorni, 6 minuti e mezzo superiore alla precedente misurazione di 16 anni prima effettuata dalla sonda Magellano.
A causa della rotazione retrograda il moto apparente del Sole è opposto a quello terrestre, quindi chi si trovasse su Venere vedrebbe l'alba a ovest e il tramonto a est. Poiché il pianeta impiega 225 giorni terrestri per compiere un'intera rivoluzione attorno al Sole su Venere il giorno è più lungo dell'anno. Tuttavia tra un'alba e l'altra trascorrono soltanto 117 giorni terrestri perché mentre il pianeta ruota su se stesso in senso retrogrado esso si sposta anche lungo la propria orbita, compiendo il moto di rivoluzione che procede in senso opposto rispetto a quello di rotazione. Ne deriva che lo stesso punto della superficie si viene a trovare nella stessa posizione rispetto al Sole ogni 117 giorni terrestri.
Caratteristiche fisiche.
Venere è uno dei quattro
pianeti terrestri del sistema solare.
Questo significa che, come la Terra, è un corpo roccioso. In
dimensioni e massa è molto simile alla Terra ed è
spesso descritto come il suo "gemello". Venere sta subendo la stessa
evoluzione che ha avuto la Terra nella sua formazione.
Il diametro di Venere è
inferiore a quello terrestre di soli 650 km e la sua massa è
l'81,5% di quella
terrestre. A causa di questa differenza di massa sulla superficie di
Venere l'accelerazione di gravità è mediamente
pari a 0,88 volte quella terrestre. A titolo di esempio, un uomo di 70
kg che
misurasse il proprio peso su Venere, mediante un dinamometro tarato
sull'accelerazione di gravità terrestre, registrerebbe un
valore pari a circa 62 kg (utilizzando come unità di misura
i chilogrammi forza). A dispetto di queste somiglianze, le condizioni
sulla superficie venusiana sono molto differenti da quelle terrestri a
causa della spessa atmosfera di biossido di carbonio, la più
densa tra tutti i pianeti terrestri: l'atmosfera di Venere, infatti,
è costituita per il 96,5% da anidride carbonica, mentre
il restante 3,5% è composto soprattutto da azoto. La
notevole percentuale di biossido di carbonio è dovuta al
fatto che Venere non ha un ciclo del carbonio per incorporare
nuovamente questo elemento nelle rocce e nelle strutture di superficie,
né una vita organica che lo possa assorbire in biomassa.
È proprio il biossido di carbonio ad aver generato un
potentissimo effetto serra, a causa del quale il pianeta è
divenuto così caldo che si ritiene che gli antichi oceani di
Venere siano evaporati, lasciando una asciutta superficie desertica con
molte formazioni rocciose. Il vapor acqueo si è poi
dissociato a causa dell'alta temperatura e a causa dell'assenza di una
magnetosfera, il leggero idrogeno è stato diffuso nello
spazio interplanetario dal vento solare. La pressione atmosferica sulla
superficie del pianeta è pari a 92 volte quella della Terra
ed è dovuta per la maggior parte al biossido di carbonio e
ad altri gas serra. Il pianeta è inoltre ricoperto da un
opaco strato di nuvole di acido solforico, altamente riflettenti, che
insieme alle nubi dello strato inferiore impediscono la visione della
superficie dallo spazio. Questa impenetrabilità ha originato
molteplici discussioni, perdurate fino a quando i segreti del suolo di
Venere furono rivelati dalla planetologia nel ventesimo secolo.
La mappatura della sua superficie
è stata possibile attraverso i dati forniti dalla sonda
Magellano tra il 1990 e il
1991. Ne è risultato un suolo con evidenze di estensivo
vulcanismo; anche la presenza di zolfo nell'atmosfera poteva essere un
indizio di eruzioni recenti. Però l'assenza di flussi lavici
accanto alle caldere visibili rimane un problema.Il pianeta mostra
pochi crateri da impatto, il che depone a favore di una superficie
relativamente giovane, sui 300-600 milioni di anni. La mancata
evidenza di attività tettonica viene collegata alla notevole
viscosità della crosta, dovuta all'assenza dell'effetto
lubrificante provocato dall'acqua, il che rende più
difficile la subduzione. Ci può tuttavia essere una perdita
di calore interno in seguito a importanti eventi periodici di
affioramento.
La superficie di Venere.
La superficie di Venere mostrata dalle sonde Venera appariva costituita principalmente da rocce di basalto, ed è stata successivamente mappata in dettaglio alla fine del XX Secolo; la sonda Magellano ha elencato circa un migliaio di crateri di meteoriti: un numero basso se confrontato a quello della Terra.La scarsa presenza di crateri e il fatto che essi siano relativamente grandi, oltre i 3 km di diametro, si spiega con la densa atmosfera venusiana che impedisce l'arrivo in superficie dei meteoriti più piccoli, disgregandoli prima dell'impatto al suolo.
Circa l'80% della superficie di Venere
è formata da lisce pianure vulcaniche che per il 70%
mostrano dorsali da
corrugamento e il 10% sono proprio lisce.
Il resto è costituito da
due altopiani definiti continenti, uno nell'emisfero nord del pianeta e
l'altro appena a
sud dell'equatore. Il continente più a nord è
chiamato Ishtar Terra,
dalla dea babilonese
dell'amore Ishtar, e ha circa le dimensioni dell'Australia. I Monti
Maxwell, il più alto massiccio montuoso su Venere, si
trovano su Ishtar Terra. La superficie di Venere è, rispetto
a quella della Terra e di Marte, generalmente pianeggiante, in quanto
solo il 10% della superficie si estende
oltre i 10 km d'altezza, contro i 30 chilometri de separano invece i
fondi oceanici terrestre dalle montagne più alte. Il
continente a sud è chiamato Aphrodite Terra, dalla dea Greca
dell'amore, e ha circa le dimensioni del Sud America. La maggior parte
di questo continente è ricoperta da un intrico di fratture e
di faglie.
Venere è senza dubbio il pianeta del sistema solare con la maggior quantità di vulcani presenti: sono stati individuati in superficie 1500 vulcani di dimensioni medio-grandi, ma potrebbero essere presenti fino a 1 milione di vulcani minori. Alcune strutture vulcaniche sono peculiari di Venere, come quelle chiamatefarra (a forma di focaccina), larghe da 20 a 50 km e alte da 100 a 1000 m; fratture radiali, a forma di stella chiamate novae; strutture con fratture sia radiali sia concentriche chiamate aracnoidi per la loro somiglianza con le tele di ragno; e infine le coronae, anelli circolari di fratture a volte circondate da una depressione. Tutte queste strutture hanno un'origine vulcanica.
La superficie di Venere appare
geologicamente molto giovane, i fenomeni vulcanici sono molto estesi e
lo zolfo
nell'atmosfera dimostrerebbe, secondo alcuni esperti, l'esistenza di
fenomeni vulcanici attivi ancora oggi. Tuttavia, questo solleverebbe un
enigma: l'assenza di tracce del passaggio di
lava che accompagni una caldera tra quelle visibili.
foto
Quasi tutte le strutture di superficie di Venere prendono il nome da figure femminili storiche e mitologiche. Le uniche eccezioni sono rappresentate dai Monti Maxwell il cui nome deriva da James Clerk Maxwell, e da due regioni chiamate Alpha Regio e Beta Regio. Queste tre eccezioni si verificarono prima che il corrente sistema fosse adottato dall'Unione Astronomica Internazionale, l'ente che controlla la nomenclatura dei pianeti.
Tempo atmosferico.
Le struttura nuvolose dell'atmosfera
di Venere riprese all'ultravioletto dalla sonda Mariner 10 nel 1989
.Venere è un mondo con una situazione climatica estrema e
invariante. L'inerzia termica e lo spostamento del calore da parte dei
venti nella parte più bassa dell'atmosfera fanno
sì che la temperatura della superficie di Venere non cambi
significativamente tra giorno e notte, nonostante la
rotazione estremamente lunga del pianeta: quindi la superficie di
Venere è isotermica, cioè mantiene una
temperatura costante tra il giorno e la notte e tra l'equatore e i
poli. La modesta inclinazione assiale del pianeta - meno di tre gradi
(in confronto ai 23,5º dell'asse terrestre) - contribuisce a
diminuire ulteriormente i cambiamenti stagionali delle temperature.
L'unica variazione apprezzabile si ha
con l'aumento dell'altitudine. Nel 1990 la Sonda Magellano effettuando
riprese
radar rilevò una sostanza molto riflettente che si trovava
sulla cima dei picchi montuosi più alti simile nell'aspetto
alla neve che si trova sulle montagne della Terra. Questa sostanza
potrebbe formarsi in un processo simile a quello che causa la neve
sulla Terra, sebbene la sua temperatura sia molto più alta.
Essendo troppo volatile per condensare sulla superficie si eleva in
forma gassosa verso cime più alte e più fredde su
cui cade poi come precipitazione. La natura di
questa sostanza non è conosciuta con certezza, ma alcune
speculazioni propongono che si possa trattare di tellurio elementare o
persino di solfuro di piombo (galena).
Il tellurio è un metallo raro sulla Terra, ma potrebbe essere abbondante su Venere. Secondo alcuni scienziati il tellurio potrebbe assumere, sui picchi montuosi di Venere dove la temperatura è più bassa rispetto alle altre zone della superficie, la forma di una specie di neve metallica. I venti sulla superficie sono lenti, con una velocità di pochi chilometri all'ora, ma, a causa dell'alta densità dell'atmosfera, essi esercitano una notevole forza contro gli ostacoli e sono in grado di spostare polvere e pietre sulla superficie. Basterebbe solo questo a rappresentare un ostacolo al movimento di un uomo sulla superficie anche se il calore e la pressione non fossero già un problema. Nello strato più alto delle nubi invece, i venti soffiano con grande intensità, fino a 300 km/h, e sferzano l'intero pianeta con un periodo di 4-5 giorni. Questi venti si muovono a velocità che sono fino a 60 volte la velocità di rotazione del pianeta, mentre sulla terra i venti più forti soffiano solo al 10% o 20% della velocità di rotazione terrestre.
L'effetto serra creato dall'atmosfera di Venere.
Al di sopra del denso strato di CO2 si
trovano spesse nubi costituite prevalentemente di biossido di zolfo e
da goccioline di acido solforico. Queste nuvole riflettono circa il 60%
della luce solare nello spazio e impediscono l'osservazione diretta
della superficie di Venere nello spettro visibile. A causa dello strato
di nubi, nonostante Venere sia più vicino al Sole di quanto
lo sia la Terra, la superficie venusiana non ne è
altrettanto riscaldata o illuminata. A mezzogiorno la
luminosità di superficie
corrisponde grosso modo a quella osservabile sulla Terra in una
giornata molto nuvolosa. Le nubi coprono l'intero pianeta e sono quindi
più simili a una spessa coltre di nebbia che alle nuvole
terrestri. Per questo motivo un ipotetico osservatore che si trovasse
sulla superficie non sarebbe mai in grado di vedere direttamente il
Sole, ma potrebbe soltanto intravederne la luminosità. In
assenza dell'effetto serra causato dall'anidride carbonica
dell'atmosfera la temperatura sulla superficie di Venere sarebbe
abbastanza simile a quella terrestre.Le nubi di Venere sono soggette a
frequenti scariche elettriche (fulmini) e la loro composizione ne
favorisce la formazione più frequentemente che sulla Terra.
L'esistenza di fulmini è stata controversa fin da quando le
sonde sovietiche Venera avevano osservato scariche elettriche nella
parte bassa dell'atmosfera che si succedevano con cadenze che
sembravano decine o centinaia di volte più frequenti dei
lampi sulla Terra. Gli scienziati
sovietici chiamarono questo fenomeno "il drago elettrico di Venere". In
seguito, nel 2006 e nel 2007, la sonda Venus Express osservò
chiaramente un'onda elettromagnetica di elettroni. Era la prova che un
fulmine si era appena scaricato. La sua apparenza intermittente
indicava una traccia associata con attività climatica. Il
tasso di fulmini è, secondo le stime più
prudenti, almeno la metà di quello sulla Terra.
Colonizzazione e terraformazione di Venere.
Considerando le sue condizioni estremamente ostili, una colonia sulla superficie di Venere è fuori portata con le attuali tecnologie e anche la sola esplorazione umana è più ardua rispetto a quelle sulla Luna e su Marte, anche perché Venere è stato meno studiato: in superficie calore e pressione non hanno permesso a sonde spaziali di funzionare che per brevi periodi, ma non si conoscono bene nemmeno i dettagli del suo strato atmosferico situato a 50 chilometri d'altezza, dove la pressione atmosferica e la temperatura sono simili a quelle terrestri.
In passato sono state avanzate varie teorie, come quella della terraformazione, eliminando l'anidride carbonica dell'atmosfera per diminuire l'effetto serra, oppure tramite uno scudo solare, entrambi metodi per diminuire la temperatura in superficie, mentre per il problema dell'acqua, è stato proposta anche l'introduzione di grandi quantità d'idrogeno, che si legherebbe all'ossigeno formando acqua.
Un'altra teoria più recente, prevede l'esistenza di città galleggianti e habitat aerostatici, come proposto da Geoffrey A. Landis, approffittando del fatto che l'aria respirabile, costituita da ossigeno e azoto, è più leggera dell'atmosfera venusiana e produrrebbe una spinta verso l'alto, mantenendo in sospensione una cupola abitata. Come detto mancano però studi sull'alta atmosfera, in quanto a quelle altezze la quantità di acido solforico presente potrebbe essere particolarmente dannosa.
Venere nella cultura umana.
Nell'antichità.
Un codice Maya rappresentante
l'osservazione di Venere
Essendo uno degli oggetti più luminosi nel cielo, il pianeta
è conosciuto sin
dall'antichità e ha avuto
un significativo impatto sulla cultura umana.È descritto dai
Babilonesi in svariati documenti in scrittura cuneiforme, come il testo
detto la Tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa. I Babilonesi chiamarono il
pianeta Ishtar, la dea della mitologia babilonese (connaturata
con la dea Inanna dei Sumeri), personificazione dell'amore ma anche
della battaglia. Gli Egizi identificavano Venere con due pianeti
diversi, e chiamavano la stella del mattino Tioumoutiri e la stella
della sera Ouaiti.
Allo stesso modo, i Greci distinguevano tra la stella del mattino o Phosphoros, e la stella della sera o Hesperos; tuttavia, nell'epoca Ellenistica, si comprese che si trattava dello stesso pianeta. Hesperos fu tradotto in Latino come Vespero e Phosphoros come Lucifero ("portatore di luce"), termine poetico in seguito utilizzato per l'angelo caduto allontanato dal cielo.
Gli Ebrei chiamavano Venere Noga ("luminoso"), Helel ("chiaro"), Ayeleth-ha-Shakhar ("cervo del mattino") e Kochav-ha-'Erev ("stella della sera").
Venere era importante per la civiltà Maya, che sviluppò un calendario religioso basato in parte sui suoi movimenti, e si basava sulle fasi di Venere per valutare il tempo propizio per eventi quali le guerre.
Il popolo Maasai definì Venere Kileken, e ha una tradizione orale, incentrata sul pianeta, denominata "Il bambino orfano".
Venere ha un ruolo significativo nelle culture degli australiani aborigeni, come i Yolngu nell'Australia del Nord. Gli Yolngu si radunavano per aspettare la comparsa di Venere, che chiamavano Barnumbirr, e che, secondo la tradizione, permetteva di comunicare con i propri cari morti.
Nell'astrologia occidentale, influenzata dalle connotazioni storiche legate alle divinità dell'amore, si ritiene che Venere influenzi questo aspetto della vita umana.
Nell'astrologia indiana del Veda,
Venere è nota come Shukra, ovvero "chiara, pura" in
Sanscrito. Gli antichi astronomi cinesi,
Coreani, Giapponesi e Vietnamiti
chiamavano il pianeta "la stella (o astro)
d'oro", collegandolo al metallo nella
teoria dei cinque elementi cinesi.
Nella spiritualità Lakota
Venere è associata con l'ultima fase della vita e con la
saggezza.
Venere (0,7 UA) è per dimensioni molto simile alla Terra
(0,815 masse terrestri), e, come la Terra, ha un mantello composto da
silicati attorno a un nucleo ferroso, possiede un'atmosfera e
l'attività sulla sua superficie rende evidente la presenza
di attività geologica interna. Tuttavia è molto
più asciutto della Terra, e la sua atmosfera è
novanta volte più densa.
Venere non ha satelliti naturali. Esso
è il pianeta più caldo del sistema solare, con
temperature superficiali
superiori ai 400 °C, molto probabilmente a causa della
quantità di gas che provoca effetto serra nell'atmosfera.
Non sono state individuate prove definitive delle attuali
attività geologiche su
Venere, ma si potrebbe pensare che la sua densa atmosfera sia
regolarmente alimentata da eruzioni vulcaniche.Dubbi
linguistici.L'aggettivo venusiano, derivante dal latino Venus,
è spesso
utilizzato in
riferimento a Venere; tuttavia la forma più corretta sarebbe
quella, oggi poco utilizzata, di venereo, derivata dal Latino venereus
o venerius; il termine arcaico citereo, dal latino Cytherea derivante
dal nome dell'isola di Citèra sacra alla dea Afrodite,
è ancora occasionalmente usato.